I°
Federico di Cambrais chiude gli occhi: l’avenue Tarckovskij, gelido Ottobre parigino, Pastisse e Jan Paul Sartre di contorno, un’infinita tristezza nell’anima. No, l’avenue Tarckoskji non esiste e poi è un pomeriggio in Italia, in realtà in un bar, lo avvolge il caldo di luglio in un’aria fluida ovattata di tedio, intorno turisti multicolori, qualche malcapitato Yuppie, una teoria di studenti con zaino e sacco a pelo che si inerpicano per la strada.
Improvvisamente la ragazza di fronte a lui apre la bocca per parlare , ma cosa sta dicendo?
- Sembra che questo passaggio porti ...-
Dove portava quel passaggio? C’era una galleria di quadri nell’interno, gli sembra di ricordare.
Pastisse troppo Pastisse, frastuono di discoteca, la ragazza sul cubo si muove lentamente a scatti sotto l’effetto delle Strobo.
Un altro flash che gli attraversa la testa in diagonale questa volta.
I suoi pensieri seguono la direzione della diagonale, poi virano velocemente verso le parole della ragazza.
-...e ci dovrei andare tra poco con Francesco. -
La mano tesa verso di lui la ragazza del cubo lo chiama.
Ma in quel passaggio si c’erano i quadri e si arrivava poi alla Metrò, no alle fogne di Parigi, e li che avrebbe rincontrato la ragazza del cubo.
- Si perché lui (Francesco) non mi chiederà mai niente, se c’incontreremo tra un mese sarà solo felice di vedermi -
Bando alla fantasia, lui è in un bar, anzi fuori di un bar seduto a tavolino con due ragazze che conosce benissimo e una di loro gli sta appena dicendo che preferisce un altro a lui.
La tristezza si dipinge di grigio “fumo di Londra”, la moto, si ricorda che non ha la moto, forse per quello che lei preferisce Francesco a lui, ma se è per quello basta comprarsela la moto.
Impennata verticale dei pensieri e discesa rapidissima fino alla ragazza del cubo in discoteca. Osceno, osceno, osceno pensiero, una coppia che fa l’amore su un lavandino della toilette per maschi, zoommata veloce sul volto della donna: è lei si Lorenza la ragazza che gli sta davanti, che gli parla di Francesco e della moto, ma quell’altro non è lui, ma dove aveva visto quei riccioli e quel volgarissimo completo blu da finto manager, lui, si rivede bene, è a farneticare di politica con un tipo leccatissimo, profumatissimo e bevutissimo. Vivaddio, Lorenza continua a strofinarsi sul lavandino della toilette per maschi con il ricciolo di spalle che compie un metodico avanti e indietro con il bacino, la ragazza sul cubo mostra chiaramente di aver mal di piedi, il discorso politico con il leccato si impegola sempre di più. La scia dei ricordi si connette alla realtà incrociandosi con gli occhi inespressivi di Lorenza, quella vera, che lo guarda imbarazzatissima mentre gli squilla il telefono cellulare nella borsetta.
- Pronto!!- dice l’infedele mentre con abile gesto del polpastrello sconnette il telefonino. - Bah, chissà chi era ?!-
Il cuore ormai viaggia a 250 all’ora e lui si chiede che effetto farà farsi strofinare da uno con i riccioli e il completo blu. Ma, cosa bellissima, la ragazza del cubo nella discoteca nella cui toilette per maschi giace il frutto di tanta ansietà, brandisce la scarpa spillatissima con fare minaccioso verso il pubblico, è la scarpa che si è tolta dal piede destro e la lancia, ooh si, la lancia verso il popolo della discoteca e il popolo ondeggia, ma lei imperterrita compie il gesto profano, liberatorio proprio nel momento in cui Lorenza spunta dalla toilette per maschi col fare di chi si è appena rimesso il trucco “per essere più bella” e gli va incontro con un sorriso a trecentosessanta gradi e l’aria di chi sta per dire andiamo via “amore” ci aspetta un letto caldo e una bel fine serata davanti alla TV. La frustrazione è grande: lui sa che finirà così, sa che l’appagata Lorenza gli si addormenterà accanto tenendogli la mano tra le sue bellissime gambe memori di riccioli e completi da manager e inizierà un dolce ritmico sibilo da adenoidi tre minuti dopo essersi messa a letto.
Risquilla il telefonino:
- Pronto...,siii , ciao Pierpaolo dove sei -
Un altro esponete dell’Italia-che-telefona-da-una-costosa-automobile.
- A Milano! Per lavoro! Beato te, no non ci possiamo vedere -
Le telefonasse mai una donna. Rumore di motocicletta che arriva, all’improvviso appare Francesco, capello corto, muscolo guizzante, ghigno da paracadutista in libera uscita, Lorenza con un balzo è già in sella il telefonino appeso all’orecchio e saluta inesorabile rilavorando di polpastrello e intascando sveltamente il cellulare, un rombo ed è già fuori vista mentre lui è fuori dalla grazia di Dio e mestamente ritorna al bar Tarckovskij, al tavolino dove è seduto con i pensieri a folle e gli occhi pieni di lacrime .
- Papà, io tra dieci minuti vado a ballare -
Un altro abbandono, due occhi dolci che lo guardano tra il preoccupato e il divertito, Elena sua figlia, anche lei in Discoteca magari sul cubo, no Elena fa danza classica, meno male il flusso dei suoi pensieri attraversa per un attimo il mare della tranquillità.
- Si cara, ti accompagno -
La Senna, la rive gauche, Jan Paul Sartre, Pastisse troppo Pastisse.
- Papà sono incinta -
Oh che bella notizia, pensa sovrappensiero, ma il pensiero si ripensa si coglie in fallo e già “in fallo”: un mascalzone! Chi è stato quel mascalzone, oddio, pensiero straziante, mia figlia nella toilette per maschi con il farabutto che attenta tanta ingenuità, la povera piccola Elena.
Sguardo da Giovanni delle bande Nere, cipiglio da Gesuita, nulla di tutto questo, cade sconfitto, la Senna si la Senna un bistrot, per favore datemi un bistrot, alla fine si decide guarda Elena che ricambia con occhi tra la sfida e la disperazione e miracolo dei miracoli, dimentico ormai di Lorenza, del paracadutista della torma di telefonini che lo affliggono, medita il da farsi, il da dirsi e conclude con un - Ahh! -
Automatico : Lorenza la settimana scorsa ha conosciuto un Ginecologo ?!
Nessuna speranza, l’orgoglio maschio non permette l’indagine.
- E me lo voglio tenere -
- Ahhhhh - la giornata diventa gelida - Elena ! Ma che dici???!!!! -
La speme, ultima dea : - E la mamma lo sa !?? -
Delusione : - No, sai che con lei non parlo facilmente di queste cose -
Guarda dritto davanti a sé, di fronte Elena, si l’amore che non tradisce mai, Elena con le trecce e i nastrini, Elena nel girello, Elena alla prima media, la nostalgia lo agguanta, la ragazza seduta al tavolo con lui è una ventiduenne dallo sguardo intelligente e con un che di malizioso negli occhi, coglie lo sguardo del turista quarantenne del tavolo di fronte, scorge ciò che non vorrebbe, il cuore gli trema, capitola: ha capito sua figlia è cresciuta e anche lui ...
E’ il Brucaliffo o non essere esattevolmente così, evvero, ordunque, sul cubo nella discoteca in cui il popolo della notte fluttua, un enorme Bruco ha preso il posto della ragazza e brandisce ben trenta ebbene trenta scarpe, il popolo ondeggia oramai con un che di frenetico e la trance si compie tra trapestio e urla di panico mentre una gragnola di scarpe violano a tratti l’effetto delle strobo, fermandosi curiosamente a mezz’aria per un istante e poi ancora per un altro istante, fino a precipitare sul malcapitato popolo che disperato cerca le uscite di sicurezza, come al solito mancanti. Il Bruco, inesorabile come un B 52 del’ Esercito degli Stati Uniti, lancia le sue scarpe-bomba che sembrano non finire mai, mentre il Di Jei esorta gli armenti alla calma propinando attraverso l’impianto superstereo un deciso tump-tump spacca timpani tra le cui pieghe si indovina una pallida melodia.
No, il tump-tump è quello della moto di Francesco e la pallida melodia è la voce di Lorenza che sussurra al drudo qualcosa a proposito della serata, che anche Francesco abbia un completo blu finto-manager ?
La solita realtà: Elena di fronte ha riassunto le sue sembianze di figlia e lo guarda con aria smarrita consapevole dell’enormità di ciò che ha appena confessato, ma Lorenza la guastafeste tira uno smagliante: - Oh come mi sono divertita, no non siamo andati alla galleria - elogio all’ignoranza o altro da fare, e poi affonda il coltello, - Francesco ti saluta e tu, il solito maleducato, non lo hai nemmeno degnato ! -
- Devo accompagnare Elena a danza, ci vediamo a casa, ...mia naturalmente. -
Si alza seguito da Elena lasciando Lorenza immobile, lo sguardo al tavolo appena abbandonato, indecisa sul fatto se deve chiedere il conto o rispondere al nuovo trillo di cellulare, lui prende la figlia sotto braccio e si allontana verso la sua Station-Wagon del ‘’82, sale a bordo gira la chiave accende e parte con stridor di gomme e rumor di ferraglia.
Giunto sulla rive gauche, il sottofondo è Gato Barbieri nell’Ultimo tango a Parigi, le note acute del Sassofono accarezzano i suoi pensieri, guarda meccanicamente Elena:
- Chi è il padre, Fabrizio ? -
- Ma no! Ma che importa, io lo voglio tenere, non te lo dico chi è il padre, se no tu che fai? La cosa importante, ti ripeto, è che lo voglio tenere, già lo sento muoversi in pancia è un amore -
- E da quando lo sai ? -
- Lo so cosa ? -
- Lo sai di essere incinta. -
- Lo so e basta !-
- Come, lo so e basta, da quanto tempo..., si insomma quando hai avuto le ultime mestruazioni ? -
- Ma che importanza ha, vabbè ci ho un ritardo di una settimana, anzi forse quattro giorni. -
Una settimana anzi forze quattro giorni, il sole spunta rosato dietro una nuvola preannunciando un celestiale tramonto e il bistrot ammicca dietro l’angolo di Boulevard des Italiennes, il Pastisse gongola nello stomaco, mentre una luce di speranza illumina l’orizzonte offuscato.
La patria potestà ha il sopravvento: - Quattro giorni. Incosciente, ma sarà un normalissimo ritardo, capita alla tua età, scommetto che ti è già successo, dillo, è vero, ti è già successo. -
Elena lo guarda, abbassa fulmineamente gli occhi e piagnucola:
- Ecco lo sapevo, tu vuoi che lo butti via, siete tutti uguali, non rispettate la vita, non pensate altro che alle convenienze, non rompere papà, non lo farò mai, mai, proprio mai!!! -
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